Altre attività
In questa pagina tutte le informazioni sulle altre attività del Centro Culturale Ray come i “Sabato al Centro”; i corsi, approfondimenti e seminari teorico pratici; ma anche biblioteca, “Il Tappetino” feste e incontri.
In questa pagina tutte le informazioni sulle altre attività del Centro Culturale Ray come i “Sabato al Centro”; i corsi, approfondimenti e seminari teorico pratici; ma anche biblioteca, “Il Tappetino” feste e incontri.
Fede, possibilità, impegno, saggezza, resistenza: saranno queste le parole chiave che ci accompagneranno durante tutto il mese di dicembre nella nuova pratica Yoga dedicata al dio Hanuman.
Il dio del coraggio, della forza e dell’autodisciplina
Hanuman ha un ruolo centrale nel Rāmāyaṇa il grande poema indiano che si ritiene sia stato scritto nel III secolo a.C..
Hanuman era figlio di una apsaras, ovvero di ninfa, di nome Puñjikasthalā, che a causa di una maledizione rinacque come vanara (donna scimmia) assumendo il nome di Añjanā. La maledizione si sarebbe sciolta solo se avesse partorito un’incarnazione del dio Śiva. Allora Añjanā pregò intensamente Śiva che, colpito da tanta devozione, decise di esaudire il suo desiderio.
Accadde che re Dasaratha celebrò un sacrificio per avere figli e il suo desiderio fu esaudito. Ricevette in dono dagli dei un budino particolare da dividere fra le sue mogli che così generarono Rāma, Lakṣmaṇā, Bhārata e Śatrughna. Una porzione del magico budino però fu presa da Vayu, il dio del vento, che la portò ad Añjanā. Fu così che dopo averlo mangiato Añjanā, diede vita a Hanumān.
Hanuman nacque quindi come vanara, uomo scimmia. Una volta nato Hanuman si dimostrò subito vivace, vorace e curioso tanto che, pensando che il sole potesse essere un frutto, cercò di coglierlo per mangiarlo. Il dio Indra, infuriato per quel gesto, colpì Hanuman con un fulmine scagliandolo a terra e rompendogli la mandibola. Da qui il nome Hanuman, da hanu che in sanscrito significa mascella. Vayu, padre putativo del piccolo, si infuriò e smise di soffiare privando il mondo dell’aria necessaria. Per sanare l’offesa gli dei offrirono doni a Hanuman rendendolo sempre più forte e invincibile, Indra annullò gli effetti del fulmine e allora Vāyu riprese a soffiare.
Hanuman incontrò Rāma mentre questi era in esilio, e con il fratello Lakṣmaṇā era alla ricerca di sua moglie Sita, rapita dal re Rākṣasa Rāvaṇa. La loro ricerca li aveva portati nelle vicinanze della montagna Rşyamūka, dove Sugrīva, con i suoi seguaci e amici, si stava nascondendo da suo fratello maggiore Vali, il re vanara che, a causa di una grave incomprensione, lo aveva bandito dal regno, e aveva trattenuto sua moglie come prigioniera nel suo palazzo.
Vedendo arrivare Rāma e Lakṣmaṇā, Sugrīva mandò Hanuman ad accertarsi delle loro identità. Hanuman avvicinò i due fratelli travestito da bramino e le sue prime parole furono così convincenti che Rāma disse a Lakṣmaṇā che nessuno avrebbe potuto parlare in quel modo senza aver padroneggiato i Veda. Quando Rāma rivelò la sua identità, Hanuman gli si prostrò dinanzi e Rāma lo abbracciò caldamente. In seguito, la vita di Hanuman sarebbe stata inestricabilmente legata a quella di Rāma. Hanuman fu artefice di un’amicizia e alleanza tra Rama e Sugrīva, quest’ultimo, grazie all’aiuto di Rāma riguadagnò il suo regno e poi, con Hanuman e il suo esercito di vanara, aiutò Rāma a sconfiggere Rāvaṇa e riabbracciare Sita.
Il quinto libro del Rāmāyaṇa si concentra particolarmente sulle gesta di Hanuman. Eccone alcune:
Nella loro ricerca per Sita, un gruppo di vanara raggiunse le rive del mare del Sud e dinanzi al vasto oceano, cominciarono a lamentarsi di non poter superare l’ostacolo, Hanuman allora ingigantì il suo corpo e attraversò in volo l’oceano arrivando sull’isola di Larkā dove trovò Sita, le rivelò la sua vera identità, rassicurandola e confortandola, ed elevò il suo spirito.
Durante la guerra, quando Lakṣmaṇā fu severamente ferito, Hanuman fu inviato a cogliere il sanjeevani, una potente erba medicinale, per curarlo, ma non riuscì a identificare l’erba, così sollevò l’intera montagna Dronagiri e la portò a Rāma che lo abbracciò, dicendo che Hanuman gli era caro quanto il suo amato fratello.
Il freddo è finalmente arrivato a ricordarci che l’inverno è alle porte e di conseguenza, visto il bisogno di scaldarsi, anche le nostre pratiche si fanno via via più intense. Prosegue il nostro programma Yoga che vede protagonista di mese in mese, una determinata posizione attorno alla quale ruota tutta la pratica delle lezioni Yoga del Centro Ray. Il mese di novembre sarà interamente dedicato ad uno degli asana più eleganti ed evocativi dello Yoga, ovvero la posizione dell’Airone.
In sanscrito il termine Krauñca (non a caso la posizione Yoga si chiama Kraunchasana) si riferisce all’uccello “Gru/airone” , ma è anche il nome di una montagna.
Si racconta che il saggio Vālmīki, conosciuto come Adi Kavi “il primo poeta”, chiese a Nārada (veggente di
stirpe divina) se esistesse un uomo davvero virtuoso, potente ma conoscitore delle vie della rettitudine.
Nārada rispose che il principe Rāma possedeva quelle qualità essendo invincibile in battaglia, ma anche
saggio e sempre fedele alla parola data. Poi raccontò a Vālmīki l’intera storia di Rāma, di come avesse
rinunciato al trono e resistito per quattordici lunghi anni in esilio, di come sua moglie Sita fosse stata rapita dal
demone Rāvaṇa e di come avesse combattuto con l’aiuto degli uomini scimmia per liberarla per poi tornare
nel regno di Ayodhya.
Vālmīki ringraziò Nārada e tornò al suo eremo nella foresta riflettendo su ciò che gli era stato raccontato. Più tardi si recò sulla riva del fiume e scorse una coppia di aironi che stavano compiendo il rituale di accoppiamento, Vālmīki ammirava affascinato la loro grazia ed eleganza quando, all’improvviso la freccia di un cacciatore colpì l’airone maschio. La femmina spaventata e disperata gemeva per il suo compagno tanto da suscitare in Vālmīki una profonda compassione. In lacrime si girò verso il cacciatore e pronunciò in metro e in rima una maledizione. Subito dopo ricevette la visita del dio Brahmā il quale gli affidò un compito particolare:
“Dato che hai appreso la storia di Rāma e che hai appena inventato il verso poetico, scriverai un poema che
racconti la storia del potente principe e della sua amata moglie Sita”
Fu così che Vālmīki compose il Rāmāyaṇa, uno dei più grandi poemi epici della tradizione indiana
Nel nuovo programma Yoga 2024-2025 intitolato “Asana – Nome e forma attraverso il mito”, la pratica Yoga sarà costruita attorno ad una particolare posizione Yoga che cambierà di mese in mese. Assieme andremo a esplorare la forma di questi asana e il mito da cui traggono origine.
Ananta: abbandono consapevolezza, equilibrio
Nel vuoto che si forma fra una creazione e l’altra, Vişņu dorme adagiato sopra un gigantesco serpente chiamato Ananta, Senza-fine o Śesa, Residuo. “L’universo intero diventa così un immenso oceano, il dio supremo dorme sulle spire del serpente” (Viṣṇu Purāṇa)
Ananta era uno dei figli di Kadru, madre di tutti i serpenti, e di Kāśyapa.
Come forse ricorderete, tra Kadru e la sorella Vinata, madre di Garuḍa, correva una accesa rivalità, poiché Ananta e Garuḍa avevano lo stesso padre… Quando Kadru schiavizzò la sorella chiese l’aiuto di tutti i suoi figli, ma Ananta si rifiutò con decisione definendo vile il comportamento della madre. Kadru si arrabbiò così tanto che lo condannò a morire tra le fiamme del sacrificio di re Janamejaya. Intervenne allora Vişņu che lo salvò ricompensandolo con l’onore di diventare il suo giaciglio eterno.
Mentre nella tradizione occidentale in genere si sottolinea l’antagonismo spirituale fra l’uccello e il serpente, nel simbolismo indiano l’opposizione è rigorosamente un’opposizione fra elementi naturali: la forza del sole contro l’energia liquida delle acque della terra. Vişņu sceglie come suoi compagni il migliore tra gli uccelli, la possente aquila Garuda, e il migliore tra i serpenti, Ananta. Egli è connesso con entrambi a sottolineare la sua Assolutezza, l’Essere Divino che tutto contiene e che abbraccia tutte le dicotomie.